Prima la vita…del lavoro
E' vero, il lavoro nobilita l'uomo, ma questo non significa che centinaia di migliaia di dipendenti l'anno debbano immolarsi in nome di un valore che a loro non mette in tasca niente: il risparmio dei loro superiori. I fondi per la sicurezza dei lavoratori, infatti, costituiscono per le aziende un costo oneroso che spesso queste preferiscono sostenere solo in parte o non sostenere per nulla.
Dati storici dimostrano che dalla seconda metà del diciottesimo secolo, in seguito alla crescente meccanizzazione dell'industria, il problema degli incidenti sul lavoro aveva assunto dimensioni fino allora sconosciute.
Così, in Italia, dopo un primo tentativo d'assicurazione volontaria promessa a carico degli stessi lavoratori e completamente fallita per la scarsissima adesione degli interessati (preoccupati di dover rinunciare ad una parte del salario), nel 1898 lo Stato intervenne con la prima legge di tutela per la sicurezza sul lavoro.
Giolitti varò una riforma che prevedeva un'assicurazione parzialmente a carico dei datori di lavoro.
L'evoluzione legislativa successiva, in considerazione del miglioramento delle condizioni
d' assicurazione, sul versante sia dei premi sia delle prestazioni, portò all'istituzione della Cassa nazionale infortuni che, nel 1933 diventò INAIL. Lo stesso anno nasceva l'INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale).
Già precedentemente, nel 1917, fu introdotto il criterio dell'automaticità dell'assicurazione sociale antinfortunistica.
Questo susseguirsi di riforme sociali permise finalmente il miglioramento delle condizioni dei lavoratori italiani. Purtroppo però il tasso d'incidenti rimaneva ancora molto elevato e in particolare l'Italia manteneva il primato rispetto al resto d'Europa.
Nel periodo tra il 1995 e il 2004 c'è stata una riduzione del 25,4% degli incidenti. Invece nel resto d'Europa la flessione è stata di quasi il 30 %. Secondo il rapporto ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro) oltre mille persone l'anno subiscono danni fisici sul luogo d'impiego. Ma questa stima comprende esclusivamente i casi denunciati e quindi riguardanti solo il lavoro regolare, infatti, si valuta che si verifichino 200000 infortuni che poi non sono regolarmente segnalati.
Tra il 2003 e il 2005 hanno avuto luogo poco meno di 4,5 morti al giorno.In quel periodo circa quattro persone, ogni giorno, si sono svegliate, alcune di loro hanno salutato la famiglia, sono uscite da casa per non farvi più ritorno. La stampa non ne parla compiutamente, spesso chiude gli occhi davanti a questi orrori del XXI secolo; spesso si può parlare addirittura di censura mediatica perché queste morti fanno scandalo, non danno una buona immagine del paese o infine…non fanno notizia.
Sono cifre da guerra: una guerra che molti di noi combattono ogni giorno per portare a casa"la pagnotta". Padroni incuranti del fatto che ogni vita, anche quella dei più umili, di quelli che sono obbligati a lavorare in condizioni pessime per sopravvivere, ha dignità e va difesa. E necessario ricordarsi di queste persone e anche di quelle per le quali non è stata spesa una parola:i morti nascosti che non hanno nemmeno avuto la possibilità di essere ricordati come vittime di un sistema opulento.Vittime che non possono più parlare, ammutolite da un destino ingiusto, voluto dall'uomo.
Un caso recente che ha particolarmente smosso la stampa è quello avvenuto il 6 dicembre 2007 alla "Thyssen Krupp" di Torino, in cui sette uomini hanno perso la vita a causa di un rogo, che non hanno potuto estinguere per la mancanza di misure precauzionali.Alcuni dirigenti dell'azienda sono stati condannati per omissione delle cautele antinfortunistiche e per omicidio colposo.
Un fatto clamoroso, quello della Thyssen, come molti altri: Marcinelle in Belgio dove, l’8 agosto del 1956, un incendio, scoppiato in uno dei pozzi della miniera di carbon fossile di Bois du Cazier, causò la morte di 262 persone di dodici diverse nazionalità. 136 minatori erano italiani. Rimasero senza via di scampo, soffocati dall'ossido di carbonio e braccati dalle fiamme. Le operazioni di salvataggio furono disperate fino al 23 agosto, quando uno dei soccorritori diede l’annuncio, in italiano: "Tutti cadaveri".Nella fabbrica Triangle di New York, nel 1911, persero la vita 148 persone, perlopiù donne.
Alla problematica relativa agli infortuni sul lavoro, si collega il concetto di igiene e sicurezza sul posto di lavoro, cioè l'insieme delle norme che impongono al datore di lavoro di adottare le misure che, secondo il tipo d'impresa, di lavoro svolto e secondo l'esperienza e la tecnica sono necessarie a predisporre un ambiente idoneo, tale da consentire al lavoratore l'adempimento della prestazione senza danni per la salute e l'integrità fisica.Troppo spesso l'ambiente lavorativo non è idoneo: mancano, ad esempio, misure precauzionali o si fa uso addirittura di materiali nocivi. Emblematico è il caso dell'amianto; questo materiale, per le sue proprietà di termodispersione e fonoassorbenza, è stato utilizzato in grandi quantità per molti anni. C'è un luogo in Piemonte, dove, agli inizi del Novecento, l'amianto è stato accolto come fattore di crescita economica, ma è in questa città che, per l'amianto, oggi, si continua a morire.Quasi esclusivamente questo materiale è ritenuto colpevole di un tumore, il mesotelioma, dovuto appunto all'inalazione e/o ingestione di sue fibre.La città è Casale di Monferrato; qui, tra il 1906 e il 1907 venne fondata la fabbrica "Eternit", successivamente ricordata con il nome "la fabbrica del cancro".Qui vennero fabbricati componenti per l'edilizia tra cui tubi in fibrocemento(cemento e amianto) per costruire o ripristinare acquedotti.Per anni consulenti scientifici dell' azienda, sia a livello nazionale che internazionale, avevano messo in dubbio che la situazione epidemiologica venutasi a creare in seguito all'apertura della fabbrica, avesse come causa proprio l' utilizzo dell'amianto.Oggi si sa con assoluta certezza che quell'orribile morte per soffocamento che ha ucciso migliaia di persone in Italia è dovuta all'inalazione prolungata di amianto.
Le intossicazioni da amianto avvennero in particolare nei cantieri navali e nelle zone limitrofe perché è proprio in questo campo industriale che se ne faceva più uso. Per questo motivo le zone più colpite sono quelle portuali: in Liguria, in particolare in provincia di La Spezia,in Toscana,in particolare a Massa Carrara e a Livorno e in Puglia,in particolare a Taranto.
E assolutamente necessario perciò che la società si mobiliti in maniera concreta, che mass media e istituzioni si occupino realmente di questa piaga che affligge la nostra nazione per dare priorità, finalmente, alla sicurezza di ogni cittadino.
Forse è il caso di dire: vai a lavoro ma quando sei lì ora dum labora (prega mentre lavori).
Maria Cereghino
Video consigliati:
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Fonti:
www.inail.it
www.italianiimbecilli.it