Il triangolo rosa
Lo sterminio degli ebrei è il massimo livello raggiunto dall’orrore nazista. Ma, in un contesto più generale, si tratta della punta di quell’iceberg chiamato Olocausto.Perché l’odio e le persecuzioni naziste si abbatterono su chiunque fosse considerato diverso. Diverso dalla pura razza ariana forte e virile come gli ebrei,gli zingari,gli handicappati,i comunisti e gli oppositori politici,le prostitute, gli omosessuali.Le stime ufficiali parlano, infatti, di circa 7000 gay morti nei campi di concentramento. Già da prima dell’avvento del regime hitleriano, la legislazione prussiana era estremamente severa in materia di omosessualità.L’articolo 175 del Codice Penale recitava infatti che “Un atto sessuale innaturale commesso tra persone di sesso maschile o da esseri umani con animali è punibile con la prigione. Può essere imposta la pena accessoria della perdita dei diritti civili”. Quando Hitler salì al potere, mantenne la stessa linea e spiegò anche perché nazismo e omosessualità non potessero essere compatibili. Non era tanto per ragioni etico-morali, bensì perché, secondo la mentalità nazista, l’uomo doveva combattere e la donna generare per garantire la sopravvivenza e la moltiplicazione del popolo tedesco e della razza ariana. L’omosessualità era perciò vista come un sabotaggio alla crescita della nazione tedesca.Si tennero circa 60000 processi per violazione dell’articolo 175 e, purtroppo, da lì ai lager il passo fu molto breve. Nel 1933, infatti, cominciarono le prime deportazioni. I gay internati furono costretti a lavori forzati particolarmente duri e questo essenzialmente per una ragione: nei campi di sterminio, gli omosessuali erano contraddistinti da un triangolo rosa,l’ equivalente della stella di David gialla degli ebreiI nazisti consideravano l’omosessualità come una malattia: pericolosa, vergognosa ma dalla quale era possibile guarire (almeno in alcuni casi) e, sempre secondo la mentalità nazista, attraverso il lavoro duro si sarebbe ottenuta la purificazione.I lavori forzati erano quindi visti come strumento di redenzione degli omosessuali. Quando da altri blocchi dei lager giunsero notizie di rapporti omosessuali tra prigionieri in origine eterosessuali e internati per altre ragioni, i gay vennero completamente isolati per evitare che “contagiassero” gli altri.A nessuno venne in mente che, essendo uomini e donne separati, qualcuno potesse trovare un minimo di sollievo dalla disperazione anche con un rapporto con un altro uomo.Le SS erano convinte che per alcuni gay fosse possibile la redenzione (coloro che si prostituivano esclusivamente per soldi o chi sperimentava la sodomia per vizio e non per reale convinzione), per altri no, coloro che erano considerati omosessuali per inclinazione innata o i transessuali.Dopo i lavori forzati, vennero fatti “esperimenti” per verificare la “guarigione dal vizio”: gli omosessuali dovevano essere avvicinati da prostitute con il compito di sedurli.I cosiddetti guariti avrebbero approfittato della situazione, gli irrecuperabili le avrebbero respinti. Alcuni effettivamente cedettero alle avances di queste donne, ma probabilmente più per evitare le vendette delle SS che per desiderio sessuale.Vennero condotti anche esperimenti medici sugli omosessuali: a molti di loro vennero somministrati ormoni maschili in dosi abnormi per “guarirli”.Come prevedibile, nessuno di essi presentò, dopo la cura, desiderio per il sesso femminile, anzi, molti di loro morirono per i gravissimi effetti collaterali.A differenza degli altri prigionieri, il loro calvario non terminò con la liberazione dei campi di concentramento da parte degli alleati.Gli angloamericani, infatti, considerarono i gay alla stregua dei criminali comuni e molti di loro dovettero trascorrere periodi più o meno lunghi in carcere prima di riacquistare la libertà.
Vanessa Tomasello
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