sabato 28 marzo 2009

la censura fascista e la stampa

LA CENSURA FASCISTA E LA STAMPA

Nelle prime settimane del governo di Mussolini le prime pagine dei giornali d’informazione appaiono politicamente spente. L’intenzione di Mussolini era quella di arrivare a una concreta limitazione della libertà di stampa, un segnale molto grave fu il regio decreto annunciato dal governo il 12 luglio (e controfirmato da Vittorio Emanuele III tre giorni dopo) di cui Mussolini sospende l’entrata in vigore per usarlo come una minaccia incombente; prescrive che il gerente debba essere il direttore o uno dei principali redattori del giornale e dà ai prefetti la facoltà di diffidare il gerente e, dopo aver ascoltato il parere di un magistrato e di un giornalista, di dichiararlo decaduto. Il “Corriere della Sera” e “La Stampa” si opposero. Gli altri fogli dello schieramento liberale e di quello cattolico danno scarso rilievo al colpo di mano. Alcuni accolgono la tesi fascista degli “abusi della stampa”; molti coltivano ancora la speranza della “normalizzazione” del fascismo.E, poi, l’azione di Mussolini per contrastare la stampa percorre altre vie e si serve di altri mezzi: i sequestri, il boicottaggio e gli assalti delle squadre; le aggressioni e le intimidazioni contro i giornalisti, gli interventi nelle aziende giornalistiche in crisi, con conseguenti mutamenti di direzione, il potenziamento della stampa fascista e, infine, la costituzione di un Sindacato fascista dei giornalisti da contrapporre alla Federazione della stampa.
Nella capitale escono, nel 1923 e l’anno successivo, due quotidiani che rappresentano le tendenze più estremiste del fascismo: “L’Impero”, e “Il Tevere”, fondato un giornalista che non nasconde i suoi sentimenti antisemiti. Mutamenti avvennero anche nello schieramento della stampa cattolica. Vari quotidiani prendono le distanze da don Sturzo e dal partito popolare allineandosi alla collaborazione con il governo. Don Sturzo reagisce fondando a Roma, nell’aprile 1923, il quotidiano “Il Popolo”, organo del partito popolare. Ma la gerarchia ecclesiastica ha ormai fatto la propria scelta; nel 1924 don Sturzo deve dimettersi dal partito che ha fondato e lascia l’Italia. “Il Popolo”, diretto da Giuseppe Donati, continua a battersi contro il fascismo accanto agli organi dei partiti di sinistra e al liberaldemocratico “Il Mondo”. In questa situazione esplode il caso Matteotti.
La condanna dell’assassinio del segretario del partito socialista unitario e il riconoscimento che il crimine è maturato nel fascismo sono quasi unanimi. I fogli di sinistra e gli organi del partito popolare e di quello repubblicano si battono per le dimissioni di Mussolini e del governo.
L’opinione pubblica partecipa intensamente alla battaglia intrapresa dalla stampa contro Mussolini e il fascismo. Lo dimostrano i notevoli aumenti delle vendite: ad esempio il “Corriere della Sera” supera le 800.000 copie (la vendita normale è sulle 450.000), “Il Mondo” arriva a 110.000 copie. Mussolini reagisce dando corso al regio decreto tenuto in sospeso e aggravandone le modalità di esecuzione. Nel testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 luglio è contemplata per i prefetti la facoltà di sequestrare i giornali senza far precedere la diffida: basta che ci siano i presupposti della diffida stessa.Così, il 23 luglio, a Roma, undici quotidiani costituiscono un Comitato per la difesa della libertà di stampa. Al Congresso nazionale della Federazione della stampa la revoca del regio decreto viene approvata. I giornalisti fascisti che partecipano al congresso hanno subito una netta sconfitta. Sotto la spinta dei ras del fascismo, Mussolini sceglie definitivamente la soluzione di forza e annuncia l’instaurazione della dittatura.
Elena Grazi

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