la sindrome di peter pan
La sindrome di Peter Pan o SPP è un problema psicologico che si manifesta negli adulti ed è caratterizzato da un comportamento infantile ed un rifiuto di qualsiasi tipo di responsabilità.Nel trattare la sindrome di Peter Pan mi rifarò alla concezione del "Puer Aeternus" (l'Eterno Fanciullo) formulata dallo psicanalista Junghiano Hilmann. Peter Pan è un essere perfetto che vive in un suo mondo ideale; è vivace, curioso, brillante; ha un' inestinguibile sete di novità e di esperienze; è egocentrico, impaziente, "al di là del bene e del male"; è incapace di fare i conti con la realtà, si può prendere come “inno” di questa sindrome la canzone «I don't wanna grow up» del cantautore Tom Waits, interpretata nella versione italiana da Fiorella Mannoia.Tempo, spazio e possibilità sono concetti non compresi dal Puer. Se vuole qualcosa, lo vuole subito, e non contempla la possibilità di non essere esaudito, anzi, non contempla nemmeno il dover chiedere per ottenere. In questo, anche, consiste il fascino del Puer, che scappa da un'avventura all'altra, imprendibile, sfuggente, sempre altrove.Il puer è estremamente attento al mondo esterno: ma l'attenzione può venire distorta, nel tentativo di difendersi da ciò che può essere spiacevole, spesso un attenzione selettiva che elimina alcuni aspetti di realtà, e porta quindi ad una percezione distorta dell'esperienza.Vivendo in un mondo ideale e perfetto il puer non può che essere ottimista però di un ottimismo cieco che nega la realtà, a favore del mantenimento dell'illusione.Quando il Puer giocherellone non riesce nei suoi intenti, oppure viene smascherato dagli eventi cosa succede?Il Puer si “trasforma” diventa quella figura che Hillman chiama Senex (l'anziano), che il sognatore si trovi ad affrontare la dura realtà, ed assuma un atteggiamento cinico, disilluso e meschino rinnegando come stupidi sogni giovanili la sua parte fanciullesca. di un gretto ed amaro materialismo.
Ciò che davvero manca al Puer è la capacità di amare. Entrare nei rapporti significa esporsi al rischio di soffrire, e la fuga dal dolore è caratteristica di questa sindrome,il Puer si protegge dalla vita.Esso deve riconoscere in sé il bisogno, deve abbandonare l'idea di essere completo in se stesso, deve mescolarsi agli uomini, per poi comprendere che egli è davvero perfetto. Se non c'è questo tuffo nel mondo, questa apertura all'altro, il Puer rimarrà soltanto una sterile idea di perfezione; deve intraprendere il viaggio che lo riporterà ad essere quello che è. Egli deve affrontare il crollo della propria illusione, calandosi nel mondo "reale", per poi scoprire che la sua illusione era, in fondo, l'unica vera Realtà. Il Puer deve imparare ad amare, innanzitutto se stesso, non come fredda immagine idealizzata ma nella propria pienezza di essere umano, facendo i conti con i limiti, il dolore, la caducità. Da qui, egli potrà vedere l'altro e amarlo, riconoscere se stesso nell'altro.
E così, in pratica, questo processo di adattamento all'instabilità della vita – tipico soprattutto dei soggetti socialmente attivi e con i più alti livelli di istruzione – fa sì che «l'età della ragione» arrivi sempre più in là col tempo, e che la giovinezza non sia più prerogativa esclusiva dei veri giovani. In psicologia il primo a studiare questa sindrome fu Dan Kiley che la definì un trauma che blocca lo sviluppo emozionale del bambino. In altri termini, la persona colpita cresce normalmente, la sua intelligenza si sviluppa, ma il suo cuore resta bloccato nell’infanzia.Questo trauma ha origine nella più tenera infanzia, il periodo durante il quale ogni individuo costruisce il proprio equilibrio emotivo. Di solito è l'amore trasmesso dai genitori che permette lo sviluppo di questa armonia. Una carenza affettiva può quindi essere all'origine della sindrome di Peter Pan. Le persone che, durante l’infanzia, sono state amate poco, crescendo sviluppano un malessere. Una volta nel mondo dei grandi, si sentono indifese ed angosciate di fronte agli sconosciuti.Sembrerebbe che questa sindrome colpisca più gli uomini che le donne. Si tratta spesso dei figli maggiori di famiglie in cui il padre è assente, poco presente o irresponsabile. In questi casi, se la madre è troppo occupata o depressa, non avrà né il tempo né la forza per dare, ai suoi bambini, tutto l'amore di cui essi hanno bisogno per crescere normalmente. Peggio ancora se la madre non ha fiducia in se stessa,e se la cerca nei suoi bambini. Così rischierà di sfinirli e danneggiarli, cercando di attingere da loro la forza che le manca. Non è più la madre che sostiene i bambini, sono questi ultimi che sostengono la madre. Una volta diventato adulto, l'individuo che ha vissuto questo trauma durante l’infanzia, avrà difficoltà a gestire i propri sentimenti. Un uomo, ad esempio, cercherà nella propria compagna l'amore materno. Paradossalmente però, questo nuovo sentimento, che questo uomo non ha mai conosciuto prima, può spaventarlo e angosciarlo.Si tratta, dunque, di una paura cronica che le persone vivono quotidianamente, essendo estranee alle emozioni degli adulti. Questo genera, spesso, tensioni con gli altri, tanto più che queste persone non si credono malate. La minima osservazione diventa un ostacolo enorme da superare, e diminuisce l’autostima di chi soffre di questa sindrome.L'unico momento in cui queste persone si sentono sicure e amate, è quello del sesso. È un momento riassicurante, in cui l'uomo-bambino (o la donna-bambina) si lascia andare. Ma c’è un rischio: una vita sessuale sproporzionata o, addirittura, incontrollabile. Alcune persone possono anche diventare infedeli, non perchè sono insoddisfatte della loro relazione, ma con l’unico scopo di sentirsi amate e stimate.Se si soffre di questa sindrome, ci vuole tempo per guarire. Innanzitutto bisogna volerlo. Non bisogna dimenticare che il cuore è stato, in qualche modo, “anestetizzato” a partire dal momento del blocco. Per guarire, quindi, bisogna intraprendere una vera e propria riabilitazione. Per farlo, occorre procedere per tappe:
1/ riuscire ad ammettere che si è malati
2/ riconoscere i propri sentimenti equivale ad eliminare il blocco emozionale e la mancanza d’empatia: non avere più paura degli altri e non essere più angosciati. In questa fase, si raccomanda di concentrarsi sui propri sentimenti giorno per giorno per entrare in contatto con se stessi.
3/ pensare ad una terapia. Farsi vedere da un medico, parlarne con una persona competente è un modo ottimo per aprirsi e aumentare l’autostima. La SPP può portare il soggetto alla depressione. Per questo è indispensabile parlarne con qualcuno ed essere seguiti.Se un caro soffre di questa sindrome la cosa importante è avere fiducia in lui. Non esitare a fargli notare i suoi sforzi, ad incoraggiarlo. Se si sentirà rassicurato, avrà maggiore fiducia in se stesso e farà progressi da solo.
Fiorella Mannoia
Non voglio crescere più!
Se rimango dentro al letto sai
non voglio crescere più
non è questo il mondo adatto a noi
non voglio crescere più
parlatori in compagnia
non li ascolto più
troppe volte voglio andare via
ho pagato il conto e non ci sto
non voglio crescere più
se c' è un treno che non prenderò
non voglio crescere più
quei progetti che non so che non farò mai
io scadenze lunghe non ne ho no no
non è la vita che mi cambierà
non voglio crescere più
non è la vostra finta libertà
non voglio crescere più
io non voglio grasso ai fianchi
coi capelli tutti bianchi
quando il passo lento arranca
con le gambe sulla panca
io non cresco più
e mentre mamma grida con papà
non voglio crescere più
e questa notte lui non tornerà
non voglio crescere più
resto chiuso in casa mia
prima di ogni nostalgia
io non voglio prato croce e cosi sia
vedo un mondo piccolo
non voglio crescere più
il disegno è spicciolo
non voglio crescere più
il denaro è il crimine
se il lavoro è un limite
io non voglio collezioni
niente conti delle azioni
non coltivo un ambizione
cambio sempre convinzione
dentro ho solo una canzone
io non cresco più.
La sindrome di Peter Pan o SPP è un problema psicologico che si manifesta negli adulti ed è caratterizzato da un comportamento infantile ed un rifiuto di qualsiasi tipo di responsabilità.Nel trattare la sindrome di Peter Pan mi rifarò alla concezione del "Puer Aeternus" (l'Eterno Fanciullo) formulata dallo psicanalista Junghiano Hilmann. Peter Pan è un essere perfetto che vive in un suo mondo ideale; è vivace, curioso, brillante; ha un' inestinguibile sete di novità e di esperienze; è egocentrico, impaziente, "al di là del bene e del male"; è incapace di fare i conti con la realtà, si può prendere come “inno” di questa sindrome la canzone «I don't wanna grow up» del cantautore Tom Waits, interpretata nella versione italiana da Fiorella Mannoia.Tempo, spazio e possibilità sono concetti non compresi dal Puer. Se vuole qualcosa, lo vuole subito, e non contempla la possibilità di non essere esaudito, anzi, non contempla nemmeno il dover chiedere per ottenere. In questo, anche, consiste il fascino del Puer, che scappa da un'avventura all'altra, imprendibile, sfuggente, sempre altrove.Il puer è estremamente attento al mondo esterno: ma l'attenzione può venire distorta, nel tentativo di difendersi da ciò che può essere spiacevole, spesso un attenzione selettiva che elimina alcuni aspetti di realtà, e porta quindi ad una percezione distorta dell'esperienza.Vivendo in un mondo ideale e perfetto il puer non può che essere ottimista però di un ottimismo cieco che nega la realtà, a favore del mantenimento dell'illusione.Quando il Puer giocherellone non riesce nei suoi intenti, oppure viene smascherato dagli eventi cosa succede?Il Puer si “trasforma” diventa quella figura che Hillman chiama Senex (l'anziano), che il sognatore si trovi ad affrontare la dura realtà, ed assuma un atteggiamento cinico, disilluso e meschino rinnegando come stupidi sogni giovanili la sua parte fanciullesca. di un gretto ed amaro materialismo.
Ciò che davvero manca al Puer è la capacità di amare. Entrare nei rapporti significa esporsi al rischio di soffrire, e la fuga dal dolore è caratteristica di questa sindrome,il Puer si protegge dalla vita.Esso deve riconoscere in sé il bisogno, deve abbandonare l'idea di essere completo in se stesso, deve mescolarsi agli uomini, per poi comprendere che egli è davvero perfetto. Se non c'è questo tuffo nel mondo, questa apertura all'altro, il Puer rimarrà soltanto una sterile idea di perfezione; deve intraprendere il viaggio che lo riporterà ad essere quello che è. Egli deve affrontare il crollo della propria illusione, calandosi nel mondo "reale", per poi scoprire che la sua illusione era, in fondo, l'unica vera Realtà. Il Puer deve imparare ad amare, innanzitutto se stesso, non come fredda immagine idealizzata ma nella propria pienezza di essere umano, facendo i conti con i limiti, il dolore, la caducità. Da qui, egli potrà vedere l'altro e amarlo, riconoscere se stesso nell'altro.
E così, in pratica, questo processo di adattamento all'instabilità della vita – tipico soprattutto dei soggetti socialmente attivi e con i più alti livelli di istruzione – fa sì che «l'età della ragione» arrivi sempre più in là col tempo, e che la giovinezza non sia più prerogativa esclusiva dei veri giovani. In psicologia il primo a studiare questa sindrome fu Dan Kiley che la definì un trauma che blocca lo sviluppo emozionale del bambino. In altri termini, la persona colpita cresce normalmente, la sua intelligenza si sviluppa, ma il suo cuore resta bloccato nell’infanzia.Questo trauma ha origine nella più tenera infanzia, il periodo durante il quale ogni individuo costruisce il proprio equilibrio emotivo. Di solito è l'amore trasmesso dai genitori che permette lo sviluppo di questa armonia. Una carenza affettiva può quindi essere all'origine della sindrome di Peter Pan. Le persone che, durante l’infanzia, sono state amate poco, crescendo sviluppano un malessere. Una volta nel mondo dei grandi, si sentono indifese ed angosciate di fronte agli sconosciuti.Sembrerebbe che questa sindrome colpisca più gli uomini che le donne. Si tratta spesso dei figli maggiori di famiglie in cui il padre è assente, poco presente o irresponsabile. In questi casi, se la madre è troppo occupata o depressa, non avrà né il tempo né la forza per dare, ai suoi bambini, tutto l'amore di cui essi hanno bisogno per crescere normalmente. Peggio ancora se la madre non ha fiducia in se stessa,e se la cerca nei suoi bambini. Così rischierà di sfinirli e danneggiarli, cercando di attingere da loro la forza che le manca. Non è più la madre che sostiene i bambini, sono questi ultimi che sostengono la madre. Una volta diventato adulto, l'individuo che ha vissuto questo trauma durante l’infanzia, avrà difficoltà a gestire i propri sentimenti. Un uomo, ad esempio, cercherà nella propria compagna l'amore materno. Paradossalmente però, questo nuovo sentimento, che questo uomo non ha mai conosciuto prima, può spaventarlo e angosciarlo.Si tratta, dunque, di una paura cronica che le persone vivono quotidianamente, essendo estranee alle emozioni degli adulti. Questo genera, spesso, tensioni con gli altri, tanto più che queste persone non si credono malate. La minima osservazione diventa un ostacolo enorme da superare, e diminuisce l’autostima di chi soffre di questa sindrome.L'unico momento in cui queste persone si sentono sicure e amate, è quello del sesso. È un momento riassicurante, in cui l'uomo-bambino (o la donna-bambina) si lascia andare. Ma c’è un rischio: una vita sessuale sproporzionata o, addirittura, incontrollabile. Alcune persone possono anche diventare infedeli, non perchè sono insoddisfatte della loro relazione, ma con l’unico scopo di sentirsi amate e stimate.Se si soffre di questa sindrome, ci vuole tempo per guarire. Innanzitutto bisogna volerlo. Non bisogna dimenticare che il cuore è stato, in qualche modo, “anestetizzato” a partire dal momento del blocco. Per guarire, quindi, bisogna intraprendere una vera e propria riabilitazione. Per farlo, occorre procedere per tappe:
1/ riuscire ad ammettere che si è malati
2/ riconoscere i propri sentimenti equivale ad eliminare il blocco emozionale e la mancanza d’empatia: non avere più paura degli altri e non essere più angosciati. In questa fase, si raccomanda di concentrarsi sui propri sentimenti giorno per giorno per entrare in contatto con se stessi.
3/ pensare ad una terapia. Farsi vedere da un medico, parlarne con una persona competente è un modo ottimo per aprirsi e aumentare l’autostima. La SPP può portare il soggetto alla depressione. Per questo è indispensabile parlarne con qualcuno ed essere seguiti.Se un caro soffre di questa sindrome la cosa importante è avere fiducia in lui. Non esitare a fargli notare i suoi sforzi, ad incoraggiarlo. Se si sentirà rassicurato, avrà maggiore fiducia in se stesso e farà progressi da solo.
Fiorella Mannoia
Non voglio crescere più!
Se rimango dentro al letto sai
non voglio crescere più
non è questo il mondo adatto a noi
non voglio crescere più
parlatori in compagnia
non li ascolto più
troppe volte voglio andare via
ho pagato il conto e non ci sto
non voglio crescere più
se c' è un treno che non prenderò
non voglio crescere più
quei progetti che non so che non farò mai
io scadenze lunghe non ne ho no no
non è la vita che mi cambierà
non voglio crescere più
non è la vostra finta libertà
non voglio crescere più
io non voglio grasso ai fianchi
coi capelli tutti bianchi
quando il passo lento arranca
con le gambe sulla panca
io non cresco più
e mentre mamma grida con papà
non voglio crescere più
e questa notte lui non tornerà
non voglio crescere più
resto chiuso in casa mia
prima di ogni nostalgia
io non voglio prato croce e cosi sia
vedo un mondo piccolo
non voglio crescere più
il disegno è spicciolo
non voglio crescere più
il denaro è il crimine
se il lavoro è un limite
io non voglio collezioni
niente conti delle azioni
non coltivo un ambizione
cambio sempre convinzione
dentro ho solo una canzone
io non cresco più.
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