martedì 31 marzo 2009

“ Come genio e pazzia spesso comunicano… ”

“ Come genio e pazzia spesso comunicano… ”
Il tema Nietzscheano, folle e al contempo “saggio” dell’oltreuomo ha attraversato la cultura dell’Europa di fine 800 e della metà del 900, a partire da: “La Gaia Scienza” (aforisma 125) fino ad arrivare al positivismo di Lombroso che descrive la relazione tra genio e pazzia.
Molti studiosi sostengono che il “superuomo” coincide con il malato mentale.
È noto che molti dei protagonisti della letteratura, dell'arte, della musica soffrivano di “esaurimenti”, male di vivere, di paure e di patologie invalidanti e a volte letali. Alle persone normali infatti non è lecito avere comportamenti diversi, estrosi, a meno che non creino artisticamente e allora anche il comportamento più bizzarro viene assolto.
È possibile vedere nella follia l'origine del genio oppure il genio come manifestazione della follia?
Karl Jaspers, filosofo e psichiatra tedesco, analizzò in un saggio del 1922 "Genio e follia" il rapporto esistente tra la schizofrenia e la genialità servendosi di due preziose “ancelle”: la filosofia e la psichiatria.
Attraverso l'analisi della schizofrenia gli studi di Jaspers vogliono far capire perché, nelle loro espressioni più alte, arte e follia coincidono. Solamente la creazione artistica è in grado di conoscere questa follia in quanto non chiude l'abisso del caos, dell'irrazionalità.
In questo studio,il filosofo tedesco, spostando l'analisi dal generale al concreto, e il contatto diretto con i malati, ripercorre i momenti in cui la malattia entra nella vita dell'artista fino a trasfigurarne l'opera.
È il caso di Vincent Van Gogh, grande pittore olandese, ripiegato su se stesso e sulla propria tecnica di pittura, in un continuo che lo porterà alle estreme conseguenze artistiche ed esistenziali.
Infatti operò per soli dieci anni dipingendo meravigliosi capolavori per poi spararsi un colpo di pistola al cuore, morendo a soli trentasette anni.
Anche Van Gogh venne bollato dai suoi contemporanei come psicopatico ma fu proprio per questa sua condizione che riuscì ad offrirci un'interpretazione assolutamente personale della realtà. Forse pazzo non lo era, ma, come dirà lui, mirava a far compartecipare lo spettatore delle sue sensazioni e del suo disagio interiore.
Nell’opera di Salvador Dalì, artista spagnolo nel quale il surrealismo trova la propria espressione più completa ed esasperata, ci viene confermato che è possibile un legame genio-follia
Egli inventa addirittura una sua particolarissima tecnica di automatismo che definisce “metodo paranoico-critico”. La paranoia, secondo la descrizione dell’artista stesso, è una malattia mentale cronica la cui sintomatologia più caratteristica consiste nelle delusioni sistematiche, con o senza allucinazioni dei sensi. Le delusioni possono prendere la forma di mania di persecuzione o di grandezza e di ambizione . Da ciò si comprende che le immagini che l’artista cerca di fissare sulla tela nascono dal torbido agitarsi del suo inconscio (la paranoia) e riescono a prendere forma pittorica solo grazie alla razionalizzazione del delirio (momento critico).
Dunque il metodo paranoico-critico consiste nell’interpretazione dei fenomeni deliranti.
Salvator Dalì può essere definito un genio creativo che dipinge la sua follia.
La pazzia può quindi essere intesa come catalizzatore perché il genio creativo si sviluppi e si manifesti, lasciando il suo messaggio attraverso l’opera d’arte.
Genio e follia, K.Jaspers, Cortina Raffaello, 2001
it.encarta.msn.com
http://www.ibs.it/
Matematicamente.it
itinerario nell’arte, C. Di Teodoro, Zanichelli
Erika Lavanna

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